Nel corso di una cerimonia iniziata con la benedizione di Monsignor Michele Seccia, Vescovo di Teramo, si sono aperti oggi pomeriggio gli spazi di Palazzo Melatino, in Largo Melatini 21 a Teramo, nuova sede della Fondazione Tercas
All’incontro, aperto da un intervento del Presidente Mario Nuzzo, sono intervenuti, tra gli altri: il Sindaco di Teramo, Maurizio Brucchi, i sindaci di Atri e Nereto, rispettivamente Gabriele Astolfi e Stefano Minora, il Presidente della Banca Tercas Lino Nisii, i presidenti delle Fondazioni Bancarie di Chieti, Mario di Nisio, di L’Aquila, Roberto Marotta, e della Fondazione Pescarabruzzo, Nicola Mattoscio, il Presidente della Camera di Commercio Giustino di Carlantonio, l’Assessore Regionale alla Cultura, Mauro Di Dalmazio, il Consigliere Regionale Claudio Ruffini, il Rettore dell’Università Rita Tranquilli Leali, il viceprefetto Salvatore Marino e l’assessore Provinciale Eva Guardiani.
Si sono quindi succeduti gli interventi dell’architetto Gabriella Colucci, coordinatore del gruppo di progettisti del restauro, del Soprintendente ai Beni Archeologici d’Abruzzo, Andrea Pessina, del dottor Glauco Angeletti della Soprintendeza Archeologica d’Abruzzo e della dottoressaLuciana Arbace Soprintendente ai Beni Artistici d’Abruzzo che si è soffermata a parlare della collezione di ceramiche e porcellane della Fondazione, esposte al piano terra dell’edifico e della donazione di tre mattonelle di Castelli del XVIII secolo donate alla Fondazione Tercas dalla signora Mirella Rosa Nisii.
Il progetto di ristrutturazione del Palazzo Melatino, ha seguito due principi fondamentali: la restituzione di una vita all’interno dell’edificio intesa come miglior garanzia della sua trasmissione, in buone condizioni, al futuro e l’introduzione di nuovi elementi architettonici e funzionali per lo più in aggiunta alla struttura materiale e figurale esistente.
Il nuovo assetto del Palazzo è espressione di una volontà di riconnotazione su due ‘registri’ diversi: quello dell’antico, lasciato nella sua integrità e quello del nuovo, risolto in sé, ma non estraneo all’architettura dell’edificio preesistente.
Il complesso architettonico, di notevole pregio artistico (la sua prima configurazione risale alla metà del XIII secolo) costituisce nello spazio urbano un esempio di architettura civile confrontabile storicamente e figurativamente con la vicina Cattedrale.
Dagli ingressi della facciata su strada, il cui restauro scientifico ha riportato, come per le ampie volte in laterizio interne, ad una luminosità e qualità materica sorprendenti, si entra in uno spazio ricco di testimonianze in cui è possibile leggere le stratificazioni successive: il doppio strato delle pavimentazioni di una Domus romana, entrambe di raffinata fattura, musiva l’una e sectile la seconda, sovrapposta alla prima e,contemporaneamente, le murature che testimoniano l’originario assetto medievale del palazzo Melatino (XIII sec.) con i segni di una modifica tipologica successiva: la chiusura del portico su strada.
Nei locali al piano terra è esposta in maniera permanente la preziosa Collezione di antiche ceramiche di Castelli e porcellane (Collezione Gliubich) di proprietà della Fondazione insieme ad alcuni pregiati pezzi di proprietà della Banca Tercas (Collezione Orsini Colonna della metà del XVI secolo) e concessi in comodato.
Le ceramiche, con le loro decorazioni nei tipici colori giallo, verde, terra di Siena bruciata e arancio sull’invetriatura bianca portano “in interno” l’espressione e l’atmosfera del paesaggio naturale che la famosa Manifattura di Castelli produceva e produce a testimonianza della complessità e bellezza del territorio circostante.
All’interno delle sale voltate, nella zona dell’androne, l’inserto della scala (nel punto più manomesso dell’edificio) si pone come elemento stabile capace di confermare e riqualificare visivamente e strutturalmente, già dal piano terreno, l’edificio e la sua tipologia come sede anche operativa, con uffici ai piani superiori. Tutto ciò risolvendo nel contempo e al minimo costo ‘storico’ (vale a dire col più ridotto sacrificio della preesistenza) i problemi funzionali generali e quelli relativi all’accesso, ai piani superiori.
A fronte di molteplici realtà figurative il metodo progettuale ha considerato (sempre in ragione dell’indagine filologica e della valutazione storica dell’edificio) una progressiva e crescente libertà ‘critica’ d’intervento inversamente proporzionale ai vincoli storici, testimoniali e simbolici che il manufatto suscita nelle sue varie parti, definitesi in un lungo lasso di tempo e con interventi qualitativamente molto diversi tra loro. Dalla situazione di massima e scientifica conservatività, propria della facciata principale, si è così passati a margini di più ampia libertà sugli altri prospetti, nelle parti interne rinnovate modernamente, nel giardino e nel disegno di alcuni ambienti sotterranei; il tutto per ridare nuovo senso all’edificio, favorendone la piena leggibilità e fruibilità tramite un corretto restauro ed una ben misurata ristrutturazione.
Il variare e l’intrecciarsi dei livelli, visibili dalla scala, determinano una trama ambientale e funzionale che offre viste e connessioni spaziali differenti e inaspettate.
Materiali come vetro, pietra naturale, legno e acciaio cor-ten creano un vocabolario specifico per la relazione dialettica tra l’antico e il nuovo e conferiscono allo spazio un aspetto omogeneo e monocromatico, senza brusche cesure, dove il nuovo si fonde nello spazio che lo accoglie e “sparisce alla vista” per favorire la comunicazione tra le due diverse entità.